L’astronave Icy21 era atterrata nella solita radura nascosta tra due boschi. Come dieci anni prima. Da quella strategica posizione, grazie al potente visualizzatore grandangolare, era possibile studiare i comportamenti dei cittadini per un raggio di oltre diecimila chilometri. Dal pianeta Frost era partito l’ordine di tornare ad analizzare tutte quelle meraviglie che avevano visualizzato sul pianeta Terra. Per poi portarle nella loro civiltà. Troppo fredda e sempre più intrisa di tristezza che attanagliava i suoi abitanti.
La missione precedente aveva rilevato aspetti clamorosi. Mai visti su Frost. Meravigliosi.
L’attenzione era andata in particolare su alcuni bellissimi fenomeni a cui peraltro i terrestri sembravano aver assegnato dei nomi curiosi.
Uno per esempio era quello chiamato “amicizia”. Per qualche strano motivo gli individui amavano cercarsi, aiutarsi nei momenti di difficoltà, inventarsi le peggio scuse per andare a trovare un altro. Anche semplicemente per fare due chiacchiere o sorseggiare un caffè. Per non parlare di quelle fantastiche tavolate piene di gente, spesso arredate con dei teli bianchi a quadrettoni rossi, in cui si rideva, si scherzava e ci si abbracciava. Tutti felici anche di condividere un magico liquido rosso chiamato “vino” che sembrava favorire l’allegria e la sincerità.
L’altro aspetto incredibile, forse il più bello e vario, era quello etichettato come “amore”. La sua applicazione era estesa e comprendeva le cure, l’estasi e l’adorazione per la natura, per gli animali e soprattutto per un’altra persona. In quest’ultimo caso erano state registrate delle manifestazioni davvero particolari. Coppie di persone capaci di mille attenzioni e di abbracciarsi la mattina, baciandosi anche la schiena e i capelli, dopo un’intera notte passata a dormire insieme. Oppure intenti a spogliarsi per poi praticare una strana ginnastica che prevedeva l’unione dei corpi e conseguente stato di benessere mai visto. Caratteristica comune a ogni forma d’amore il bisogno di contatto fisico, il sorriso e l’espressione particolare degli occhi che pareva rivelare la gioia per aver trovato un senso alla propria vita.
Un terzo fenomeno che aveva colpito i frostiani era stato quello chiamato “socialità”. In questo caso i terrestri, al di là di quanto già detto per l’amicizia e l’amore, sembravano possedere un senso di appartenenza alla comunità. Ben visibile anche in microcosmi chiamati “famiglie”. A causa di questo bisogno, i cittadini mostravano un’energia fuori dal comune e pure un interesse particolare per vari tipi di espressioni artistiche svolte dal prossimo. Finivano così spesso per riunirsi in cinema, teatri, musei o anche in semplici circoli dove si assembravano felicemente per condividere sensazioni ed emozioni.
Un altro aspetto meritevole d’attenzione era stato poi quello del “viaggiare”. Era davvero difficile trovare un terrestre sostare a lungo tra le proprie mura o su un divano. A chi prima e a chi dopo, alla fine scattava sempre l’impulso di salire su un treno o su un aereo e partire. Alla scoperta di terre lontane, di culture diverse o anche solo per andare a trovare amici che abitavano in città lontane. Esistevano addirittura dei negozi dove si preparavano e si vendevano dei pacchetti viaggio per favorire quest’attività e rendere in fondo tutto il mondo un po’ più vicino.
Certo tutti questi fenomeni non cancellavano gli orrori sempre esistenti come le guerre, la violenza, la sete di potere e di denaro, la povertà; però erano a maggior ragione la linfa vitale che permetteva ai terrestri di poter comunque definirsi “esseri umani”. Capaci di rendere la loro vita una missione che fa crescere l’anima e non un semplice e anonimo passaggio.
«Perché, cosa è accaduto?” Dalla base centrale di Frost il Generale Findis si era mostrato sorpreso di fronte all’affermazione dell’agente Algid.
«Non me lo so spiegare Signore. Qua sembra tutto diverso. Non riesco a vedere più quasi nessuna di quelle manifestazioni che ci avevano incantato e per le quali dovevamo invadere pacificamente la terra per impararle e replicarle anche da noi.»
«Ne è proprio sicuro?»
«Purtroppo sì…»
«Si spieghi meglio agente.»
«È incredibile e angosciante allo stesso tempo. I terrestri sembrano improvvisamente non essere più in grado di praticare tutte quelle manifestazioni che ci avevano colpito. Adesso vivono in modo molto isolato, spesso racchiusi nelle proprie case e svolgono praticamente tutte le loro mansioni tramite un telefono o un computer. Addirittura anche in campo lavorativo. Non vanno più in quegli uffici pieni di scrivanie ma fanno tutto da casa. I ristoranti, i cinema, i teatri, i musei sono quasi spariti e i pochi sopravvissuti praticamente deserti.»
«Ma è terribile!» Il Generale aveva una voce realmente malinconica.
«Sì, davvero terribile. Persino l’amicizia pare venga coltivata con videochiamate e sembra comunque un fenomeno molto più ridotto. Sembrano tutti mutati, robotizzati. Anche i loro volti sono decisamente più tristi, diffidenti, soli.»
«Dev’essere accaduto qualcosa di orrendo che ha spinto i terrestri a questa mutazione…»
«Esatto. Le prime indagini rivelano questo, ma il problema è che, anche dopo che questa causa esterna ha cessato di esistere, i terrestri non sono stati più in grado di tornare alla loro vita di sempre. Agli aspetti belli della loro natura di esseri umani. Sembra che abbiano subito questo terribile mondo nuovo come necessario, anche quando in realtà non lo era più.»
«Sono diventati simili a noi. Si sono frostizzati!»
«Temo sia vero. Hanno dato anche un nome a questa nuovo modo di vivere: “digitalizzazione”.»
«Suona male anche la parola! Più che digitalizzazione la chiamerei “distruzione”. Dell’essere umano e della vita. Che delusione!»
«Che facciamo adesso Generale?»
«Niente. Che vuoi fare? Abbandonate la terra e tornate alla base. Non è rimasto più niente da imparare laggiù.»
«Agli ordini!»
«Avviso il nostro Re,» rispose infine il Generale Findis, «anche perché non ho ancora perso tutte le speranze. Riprogrammeremo una nuova missione tra cinque anni. Chissà… io confido ancora nei terrestri e nella loro anima. Che sappiano ritrovare il vero senso della loro vita.»