Babbo Natale era pronto per l’ispezione. Mancavano sette giorni a Natale e doveva controllare che i giocattoli fossero stati impacchettati a dovere, i nomi dei destinatari scritti correttamente, accertarsi che la slitta fosse in ordine e le renne in buona forma per affrontare il lungo viaggio che le aspettava.
– Buongiorno – disse con un sorriso entrando nell’enorme magazzino dove ferveva l’attività di centinaia di gnomi indaffaratissimi. Decine di teste si voltarono verso il signore con la barba e il vestito rosso.
– Buongiorno capo! – risposero in coro.
– Come andiamo? E’ tutto pronto?-
– Sissignore – rispose il capo gnomo dal berretto dorato – i pacchi sono pronti, stiamo controllando gli indirizzi e dividendoli per Paese. Tra poco inizieremo a caricare sulla slitta.
– Bene, ottimo lavoro! – disse Babbo Natale soddisfatto.
Il suo è un lavoro complesso: non è facile accontentare i bambini di tutto il mondo, ricordarsi tutti i desideri, preparare i giocattoli in tempo e partire. Oltretutto l’età avanza anche per lui e l’energia non è più quella di un tempo. Ma che gioia immensa vedere la felicità negli occhi dei bambini, soprattutto di quelli più sfortunati per i quali il regalo di Babbo Natale è un vero e proprio avvenimento: per molti quello di Babbo Natale è l’unico regalo di un anno intero.
Gli gnomi variopinti continuavano infaticabili nel loro lavoro, passandosi i pacchi e controllandoli attentamente. Babbo Natale uscì dal laboratorio e si diresse verso le stalle delle renne. Notò subito un certo fermento, una strana agitazione.
Si avvicinò e chiese: – Cosa succede Grundel, qualche problema? –
Lo stalliere, un robusto gnomo vestito di verde, con un cappello rosso e nero, si girò a guardare Babbo Natale. – Ehm, no, no, capo, niente di serio – disse con un mezzo sorriso tirato.
Ma Babbo Natale non contento della frettolosa spiegazione si avvicinò a Grundel e gettò un’occhiata nella stalla. Quello che vide non gli piacque: due renne giacevano per terra con gli occhi socchiusi e l’aria sofferente. – Si può sapere cosa succede? – chiese ancora, questa volta con un tono di voce che non ammetteva scuse.
– Ecco, capo, Stella e Fiocco non si sentono tanto bene, ma sarà un malore passeggero, vedrà che in un paio di giorni si sistema tutto. Ho chiamato lo gnomo veterinario che sta per arrivare – rispose con un certo imbarazzo Grundel.
In quel momento arrivò di corsa Kurt, lo gnomo veterinario con la sua valigetta. Tirò fuori i suoi strumenti, con attenzione osservò le due renne a lungo, gli misurò la temperatura, guardò il loro mantello dove spiccavano strane chiazze rosse, i denti, gli occhi, poi si voltò verso Babbo Natale e disse: – Mi dispiace capo, queste due renne hanno il morbillo, devono stare al caldo e curarsi per almeno due settimane -.
– Due settimane?! Non è possibile, dobbiamo partire tra sei giorni, chi tirerà la slitta?- la voce di Babbo Natale era preoccupatissima.
Il silenzio era totale, si udiva solo il pesante respiro delle due povere renne malate. Ma non c’era tempo da perdere, Babbo Natale, dopo aver fatto una carezza per uno alle renne malate e averle rassicurate che tutto sarebbe andato bene, uscì dalla stalla e si diresse a grandi passi nel suo ufficio. “Meno male che siamo nell’era dei computer”, pensò e si diresse alla scrivania, accese il suo pc rosso con le lucette intermittenti e Jingle Bell di sottofondo. Mandò una mail a diversi amici sparsi nel mondo che lavoravano nei parchi naturali dei cinque continenti spiegando l’inconveniente che si era verificato con le sue renne. Chiese se potevano prestargli per pochi giorni un paio di cervi o di alci o di antilopi, due animali forti e resistenti che potessero trainare la sua slitta insieme alle renne. Confidando nella velocità di internet e nella disponibilità dei suoi amici si mise in paziente attesa, fiducioso che avrebbe trovato rapidamente una soluzione.
Ma non fu così semplice. Le risposte non tardarono ad arrivare, ma nessuna sembrò risolvere il problema. Il direttore del parco di Yellowstone fu il primo a rispondere. Era molto dispiaciuto, ma le alci del parco erano appena partite per una settimana bianca in Alaska e non sarebbero tornate prima di Capodanno.
Dal Canada il direttore del Parco delle Cascate del Niagara rispose che avrebbe mandato volentieri i suoi caribù ad aiutare Babbo Natale, ma ne aveva sette a letto con l’influenza, i sei più giovani erano ad un concorso per il più bel palco di corna dello Stato che sarebbe durato un paio di settimane, e le femmine erano impegnate con i cuccioli.
Dall’Africa rispose il direttore del Parco Naturale del Kenia dicendo che le sue gazzelle si erano rifiutate per via del clima: come non capirle, abituate al caldo sole africano era impensabile che potessero avventurarsi tra le nevi del Nord. L’unica offerta era quella degli orsi polari del vicino Circolo Polare Artico, ma Babbo Natale sapeva bene quanto fossero pigri e indolenti e quanto fosse difficile, se non impossibile cercare di imporgli una qualche forma di disciplina. Avrebbero finito col litigare con le altre renne.
Il povero Babbo Natale era disperato, camminava avanti e indietro misurando lo studio a grandi passi e cercando di farsi venire qualche idea. Fu distratto da un timido “toc toc” alla porta. Andò ad aprire e si trovò davanti il naso rosso di Rudolph, la sua renna capo slitta.
– Ciao Rudolph, cosa posso fare per te?- chiese Babbo Natale
– Veramente vorrei tentare di fare io qualcosa per te, capo – rispose timidamente la renna puntando i suoi occhioni dolcissimi su un pensoso Babbo Natale.
– Bene, allora dimmi pure –
– Ecco, capo, ho sentito dei problemi che abbiamo con Stella e Fiocco. Io temevo che accadesse perché sono giovani e girovagano sempre intorno alle case degli umani per giocare con i bambini. Ma noi dobbiamo partire presto e io mi sono ricordato di una cosa. Non so se sarà una soluzione, ma possiamo tentare. Ti ricordi di mio padre Ronald, vero? Lui aveva viaggiato tanto prima di lavorare per te e spesso mi raccontava dei paesi che aveva visitato. Mi è rimasto impresso il racconto di un suo viaggio nel deserto africano. Si era perduto e non sapeva come fare a tornare a casa. Vagava nel deserto e il gran caldo cominciava a farlo star male. Ad un tratto sentì venir meno le forze e svenne sulla sabbia calda. Il suo ultimo pensiero prima di perdere i sensi fu per me che ero appena nato e si domandò se mi avrebbe mai rivisto mentre chiudeva gli occhi tra le dune. Evidentemente non era giunta la sua ora perché si svegliò sentendo un gran senso di frescura. Era calata la notte e la luna brillava alta nel cielo. Accanto a lui c’era uno strano animale che non aveva mai visto prima. Era grande, peloso e aveva due gobbe sulla schiena. Lo guardava tranquillo con grandi occhi profondi. Gli aveva versato delicatamente dell’acqua addosso e mio padre si era ripreso. Appena fu in grado di parlare gli chiese chi fosse e lui rispose: – Io sono Abdul il cammello. Mio padre gli disse che si era perduto e Abdul, dopo averlo fatto riposare e rifocillare, gli indicò la strada di casa. Al momento di salutarsi mio padre gli disse: -Tu mi hai salvato la vita, non ti dimenticherò mai.
– Neanche io – rispose il cammello – Vivo solo qui nel deserto e non ho molti amici.
– Come mai?- chiese mio padre
– La mia compagna e il mio cucciolo sono stati inghiottiti da una tempesta di sabbia e da quel giorno non mi do pace. Ho abbandonato il branco e voglio stare da solo ad aspettare la morte perché per me la vita non ha più senso senza la mia compagna e il mio piccolo – e i suoi grandi occhi si riempirono di lacrime.
– Vieni con me- gli disse mio padre.
– No, grazie, devo rimanere qui tra le dune che li hanno sepolti a vegliare su di loro. Puoi mandarmi dei messaggi, gli uccelli migratori me li faranno avere, questo deserto è sulla loro strada.
Così i due si salutarono e mio padre partì. Fino all’ultimo giorno della sua vita mi ha parlato di lui, mi ha raccontato di quanto fosse grande e forte, in grado di fare il lavoro di due o tre renne, mi ha letto i suoi messaggi e mi ha pregato di cercare di andare a trovarlo un giorno. Forse questa è l’occasione buona: se è ancora lì magari ci aiuterà.
– Ma tuo padre ti disse che non voleva lasciare il deserto –
– Sì, ma la nostra è una buona causa, la migliore oserei dire!- replicò Rudolph e il suo naso diventò ancora più rosso.
Fu così che Babbo Natale e Rudolph partirono alla volta del deserto africano. La renna aveva con sé le coordinate per trovare il cammello. Scrutò a lungo il cielo, seguì le stelle e dopo diverse ore di viaggio arrivarono in vista dell’immenso deserto. In breve il sole fu alto nel cielo e per Babbo Natale e Rudolph fu un’esperienza del tutto nuova: erano sempre arrivati nel deserto di notte, per consegnare i regali ai bambini Tuareg e non avevano mai visto quella terra di giorno. Sabbia bollente ovunque, sole e neanche un alberetto a fare ombra. Babbo Natale cominciò a sudare e anche Rudolph era un po’ affaticato. Si fermarono al riparo di una duna alta come una collina per riprendere fiato e bere un sorso d’acqua dalla borraccia.
–Dovremmo esserci- disse Rudolph controllando le sue carte di navigazione. In quel momento videro una sagoma avanzare lentamente, caracollando. L’animale li raggiunse e si fermò a guardarli in silenzio. Poi disse: – Vi siete persi?-
– Sì, temo di sì – disse Babbo Natale. Rudolph guardò l’animale più attentamente e poi chiese:
– Sei tu Abdul il cammello?-
L’animale si voltò con l’aria interrogativa: – Come fai a conoscere il mio nome? –
– Io sono Rudolph, il figlio di Ronald la renna, ti ricordi di lui?-
– Ronald!- esclamò il cammello con un sorriso – Il solo amico che abbia mai avuto. Così tu sei suo figlio? Sono contento di conoscerti. Come sta tuo padre, è tanto che no ho sue notizie –
– Mio padre è morto un paio d’anni fa, ma le sue ultime parole sono state per te. Mi ha detto che eri il suo amico speciale, che gli avevi salvato la vita e mi ha chiesto di venire a trovarti appena avessi potuto-
– Mi dispiace per tuo padre, era un vero amico. E così sei venuto a trovarmi, grazie –
– Ecco – cominciò Rudolph un po’ imbarazzato – in realtà non sono venuto soltanto a trovarti. Avrei un grande favore da chiederti-
– Se posso volentieri – rispose Abdul
– Ecco vedi, questo signore è Babbo Natale, hai mai sentito parlare di lui?-
– Mi pare di ricordare che tuo padre lavorasse per lui, ma non ricordo bene il suo lavoro –
– Babbo Natale ogni anno porta doni ai bambini di tutto il mondo e li trasporta sulla sua slitta trainata da noi renne. Purtroppo quest’anno due renne si sono ammalate e noi rimaste non ce la facciamo da sole, abbiamo bisogno dell’aiuto di qualcuno. Altrimenti i bambini resteranno senza doni. Vuoi aiutarci?-
Il cammello tacque a lungo. Poi parlò lentamente.
– Io devo restare qui, forse tuo padre ti ha detto perché – Rudolph annuì. Cosa avrebbe potuto dire per convincerlo? Mentre cercava un motivo, Babbo Natale si fece avanti e parlò ad Abdul.
– Sappiamo del tuo dolore e lo rispettiamo. E proprio perché conosciamo il tuo cuore e la tua grande sensibilità abbiamo pensato che solamente tu potevi aiutarci. Solo chi ha un cuore grande e generoso è capace di sacrificare ogni cosa per il bene degli altri. Non vogliamo farti pressioni, caro Abdul, ma il tuo aiuto sarebbe il dono più grande per tutti i bambini del mondo che aspettano il Natale per un anno intero. Credo che anche i tuoi cari sarebbero fieri di te –
Il cammello era pensieroso, vagava con lo sguardo tra le dune. – C’è anche un altro motivo che mi frena – disse alla fine – Temo che mi sentirei a disagio, un intruso tra le altre renne. Io sono abituato a stare da solo, in questo deserto silenzioso. Sono diverso da voi, uno straniero con le mie abitudini, le mie manie, le preghiere diverse. Mi sentirei a disagio e forse vi sentireste a disagio anche voi-.
Babbo Natale e Rudolph si guardarono e sorrisero. – Vedi Abdul – disse Babbo Natale – credo che questo non sia davvero un problema. Tutti i bambini del mondo, senza alcuna distinzione di paese o lingua o religione, aspettano i regali di Babbo Natale. I bambini sono semplici e intelligenti, più di qualunque adulto. Quando un bambino incontra un altro bambino gli chiede semplicemente come si chiama e se vuole giocare con lui, non guarda il colore della pelle, non si preoccupa della lingua, cerca solo di comunicare con lui. E se vede un altro bambino in difficoltà lo aiuta e basta, senza farsi nessuna domanda. I bambini sono il futuro del mondo e la grande responsabilità degli adulti è farli diventare persone giuste, responsabili e sensibili. Io ho il compito di realizzare i loro desideri, valutando il loro comportamento durante un anno intero. E’ un lavoro che faccio da tanti anni e, credimi, non ho mai trovato un bambino che non meritasse il mio dono. I bambini non temono la diversità e sono curiosi di natura: penso che sarebbero molto contenti di sapere che hai aiutato me e le renne nella consegna dei regali. E in più i bambini di questa terra meravigliosa che tu abiti sarebbero fieri di avere un degno rappresentante nella Notte di Natale-.
Abdul aveva ascoltato attentamente le parole di Babbo Natale. Si sentiva combattuto: da un lato non voleva abbandonare il deserto e il ricordo dei suoi cari, dall’altro sapeva che aiutare Babbo Natale sarebbe stata la cosa più giusta.
– Puoi darmi un po’ di tempo per pensare?- chiese dopo un po’.
– Certamente, noi partiamo al calare del sole – rispose Babbo Natale.
– Prima di allora tornerò – disse Abdul voltandosi e incamminandosi tra le dune. Aveva bisogno di stare da solo e pensare. Da solo, erano tanti anni che stava da solo e non vedeva nessuno. Solo con i suoi ricordi in mezzo al deserto. Camminò finché giunse nei pressi di una piccola oasi. Si fermò ad abbeverarsi. Il sole stava calando lentamente e le prime ombre si allungavano sulla sabbia. C’era una tenda vicino al piccolo specchio d’acqua e una donna che lavava un bambino.
– Su Tarek, lavati per bene che è ora di andare a dormire –
– Ma io non ho sonno, mamma – disse il piccolo
– Tarek, lo sai che devi essere bravo, altrimenti Babbo Natale non ti porterà il regalo che hai chiesto-
– Ma tu pensi davvero che mi porterà il pallone? –
– Certo, Babbo Natale porta i regali a tutti i bambini buoni-
– E io sono stato buono?-
La mamma sorrise:- Abbastanza – disse – ma lo sarai sicuramente se andrai a dormire-
– E quando arriverà Babbo Natale? –
– Tra cinque giorni –
– Quanti sono cinque? – chiese Tarek che aveva solo 4 anni e ancora non andava a scuola.
– Sono tanti quanti le dita di una mano – rispose la mamma prendendo tra le sue la manina del bimbo e aprendola come un piccolo ventaglio.
– Allora devo dormire ancora tante notti così – disse Tarek mostrando la mano aperta – e poi Babbo Natale arriva?-
– Sì – rispose la mamma paziente.
– Ne sei proprio sicura? –
– Sì, sono sicura: Babbo Natale mantiene sempre le sue promesse e non delude mai i bambini che lo aspettano-
– Allora corro a dormire! – esclamò il piccolo correndo nella tenda.
Abdul aveva ascoltato la conversazione e capì cosa doveva fare. Il sole era quasi tramontato, così si affrettò a tornare dove Babbo Natale e Rudolph lo stavano aspettando. I due vedendo che tardava avevano cominciato a preparasi alla partenza.
– Bisogna capirlo – stava dicendo Babbo Natale – qui c’è tutta la sua vita. Vieni, Rudolph, cercherò ancora su internet-
– Ma capo, non possiamo aspettare ancora qualche minuto? Io sono sicuro che ci ripensa – disse Rudolph guardandosi intorno. In quel momento arrivò al galoppo Abdul.
– Aspettate! – gridò – Non andate via, vengo con voi!
– Lo sapevo, lo sapevo! – e Rudolph iniziò a saltellare dalla gioia.
– Scusatemi se vi ho fatto aspettare – disse arrivato davanti ai due – Ho capito che aiutarvi è la sola cosa giusta che posso fare.
– Grazie, grazie di cuore, Abdul sei davvero un amico! – lo ringraziò Babbo Natale – E ora facciamo presto che abbiamo un sacco di lavoro da fare.
– Sì, sono pronto. Solo un attimo ancora, per favore – e Abdul raccolse delicatamente una rosa del deserto, il meraviglioso fiore di roccia, e lo depose in cima ad una piccola duna restando per un attimo assorto. Poi si voltò e raggiunse i due amici che lo stavano aspettando.
Fu così che la notte di Natale partì da Rovaniemi, il paese di Babbo Natale che si trova in Lapponia, la slitta carica di doni per i bambini di tutto il mondo. Alla testa del gruppo di renne che la trainava c’erano Rudolph, che con il suo naso rosso illuminava il cammino, e Abdul.
– E’ un onore trainare la slitta insieme a te – disse Rudolph al cammello prima di partire.
– E’ un onore e un piacere per me – rispose Abdul con un sorriso.
Quando la slitta sorvolò la piccola oasi dove abitava Tarek, il bambino si affacciò dalla tenda e guardò in alto: – Mamma, mamma! – gridò – C’è un cammello che porta la slitta di Babbo Natale! Ma chi sono quei buffi animali con le corna?
Sentendo queste parole Babbo Natale sorrise e decise che da quel giorno ci sarebbe stato sempre Abdul al fianco di Rudolph per i bambini del deserto che non conoscono le renne, ma sanno benissimo che animale grande, forte e generoso è il cammello perché vive nel loro Paese.
Fu così che Abdul diventò il cammello di Natale.