«E pensare che non ti andava giù!» esclamò Frederic battendo il bicchiere sul tavolo.
Jack e Louis sgranarono gli occhi, aspettando la tempesta, e infatti…
«Ehi brutto bastardo, figlio di una troia, i bicchieri sul tavolo li sbatti a casa tua, capito, stronzo?».
Frederic aveva incassato il testone tra le spalle altrettanto ampie.
«Scusami Thelma» biascicò «stavamo solo scherzando!».
«Beh, se ti va di scherzare vai a Garden Point e alza il culo all’aria, così potrai sollazzarti quanto vorrai».
Garden Point era il quartiere gay della città, ovviamente.
«Dai che le passa subito!».
La voce proveniva dalle spalle di Frederic, e non era sconosciuta.
«Ragazzi, posso sedermi con voi?» disse la donna, prendendo una sedia da un altro tavolo e sedendocisi cavalcioni.
I tre uomini erano rimasti senza parole: cazzo, proprio la dottoressa Ruth, la psicologa consulente della produzione!
Da parte sua Ruth non aveva proprio l’aria della seria professionista che osservava tutto sul set e prendeva continuamente appunti.
Jack, buttò già d’un fiato il suo whisky, cercando di non guardare dentro la profonda scollatura della dottoressa.
«Ehi, è incredibile la quantità di alcool che sta in quel tuo fisico mingherlino!» lo sfotté lei, che aveva notato il suo imbarazzo.
L’uomo fece una smorfia e accennò ad alzarsi: «Mi scusi, forse ho davvero bevuto troppo, dottoressa…» cominciò a dire, ma la donna lo fermò mettendogli una mano sulla spalla:
«Niente dottoressa e diamoci del tu» disse, sistemandosi meglio sulla sedia «siamo solo colleghi che vogliono rilassarsi un po’».
Nel gesto la minigonna bianca di tessuto elasticizzato aveva quasi raggiunto la vita, scoprendo completamente le lunghe gambe abbronzate.
Jack ritornò a sedersi e fece disperatamente cenno alla barista di portare da bere.
«Speriamo» sussurrò Frederic, impacciato, ritornando all’invettiva di Thelma «io stavo solo…».
«Scherzando, ok, calmati» lo interruppe lei. Poi, rivolgendosi all’ometto: «Comunque, Jack, è vero che tu all’inizio non volevi neanche starci».
«Tu noti tutto, eh?».
Ruth fece un largo sorriso: «È il mio lavoro».
«Sapevo che Quentin era un gran figlio di puttana» disse Jack, «ma stavolta mi sembrava che volesse proprio esagerare! Cazzo, scene dal vero, elicotteri, mitra… in mezzo alla gente!».
«E che ti frega? La responsabilità era la sua!».
«Fai presto a dirlo. E la mia deontologia?».
Louis e Frederic, che fino a quel momento erano rimasti in silenzio, scoppiarono a ridere all’unisono, attirandosi un’altra occhiataccia da Thelma.
«Deo… Non ti facevo religioso, Jack!».
«Piantala di scherzare! Quello che non mi va giù è che non mi ha detto tutto: questo significa prenderci in giro!».
«Non è andata male, no?».
«Un cazzo! Abbiamo tutti improvvisato, ma la parte di merda era la mia!».
In quel momento una ragazza bruna passò accanto al loro tavolo ondeggiando sui tacchi fino a posare quasi il sedere su Louis, che fece l’atto di palparla.
Lei lanciò un gridolino, ma quando si accorse che lui aveva fermato la mano lo guardò stupita.
«E piantala Margie, lo sai che sono sposato!» disse lui.
Ruth le strizzò l’occhio: «Sta con Charles» disse «ma io sono libera e pure giusta, cocca. Se vuoi…».
La ragazza alzò le spalle con aria sdegnata e sparì in un attimo.
«Ehi» disse Louis, cosa hai contro…?».
«I negri? I gay?» intervenne Jack a completare la frase, beffardo
«Amico, non ti permetto…» fece Louis, accalorandosi, poi si rese conto delle implicazioni della battuta di Ruth: «Oddio!».
«E tu hai qualcosa contro le lesbiche?» rise lei.
«Niente, dai, era una battuta» li fermò Frederic «e tu Jack piantala, non stare a rovinare la serata!».
«Almeno io non passo le sere a farmi delle seghe» ribatté Louis, offeso.
Frederic guardò i due e poi la dottoressa, chiedendosi dove sarebbero andati a finire.
«Comunque ci siamo divertiti» disse.
Jack prese uno degli altri bicchieri di whisky che la barista aveva nel frattempo portato e schiacciò l’occhio a Ruth: «Uno, due…».
«E tre!» si unì lei, vuotando il suo.
«Sì» ammise Jack pulendosi le labbra con la manica della camicia «non è stato male, alla fine».
«Dai, quella vecchia…».
«Quale vecchia?» chiese Louis.
«Ah, già, tu non l’hai vista perché eri ancora nel furgone…».
«A crepare di caldo».
«Be’» fece Ruth, riprendendo il filo del discorso «mentre Frederic faceva finta di litigare Jack si è avvicinato alla prima macchina che era rimasta dietro con fare cattivo, e cosa vede?».
Louis rimase in attesa mentre la pausa a effetto si prolungava.
«Se non me lo dici…» disse infine.
Jack ritornò sulla terra:
«Ah sì: ti vedo una vecchietta tutta truccata che sembrava Joker, avete presente quello del film? Io volevo farle paura, dire qualcosa di forte, ma quella mi ha guardato con degli occhi sbarrati che ho pensato stesse per svenire. Allora l’ho presa per il collo e le ho chiesto se aveva qualcosa in contrario…».
«Per la verità le hai solo chiesto “Cosa hai detto?”» intervenne Ruth.
«Vabbe’, cosa vuoi che mi ricordi? Quella ha balbettato qualcosa e l’ho messa giù».
«Ma non ti ha ancora raccontato il bello» lo incalzò la dottoressa.
«Ah, già: nella macchina vicino c’era una donna sdraiata che cercava di chiamare la polizia con il cellulare. Indovina un po’ cosa stava facendo al guidatore?».
Louis lo guardò senza capire, poi ebbe un lampo di illuminazione: «Ma no! Vuoi dire che…».
«Visto che lui aveva i pantaloni sbottonati mi sembra la cosa più probabile!» sghignazzò Ruth.
«Comunque è stata tutta un’americanata» concluse Jack. «Le sceneggiature di una volta… Vuoi mettere? Adesso mitra, elicotteri, effetti speciali, è tutto finto!».
«I soldi del cachet sono veri, comunque».
Tutti e quattro si voltarono, sorpresi da quella voce.
«Ehi Quentin» fece Jack, un po’ incerto «come ti butta?».
«Cioè: da quanto tempo ascolto i vostri discorsi? Dall’inizio» disse il regista sorridendo.
«Oh cazzo!».
«Non preoccupatevi, la penso proprio come voi, ma è questo che vogliono le produzioni oggi, e io mi adeguo».
«Ha fatto qualche bel film da giovane e ora…» fece Ruth, schiacciando l’occhio.
«E ora capitalizzo» rise Quentin, battendole una mano sulla spalla, «mi piaci, strizzacervelli!».
Jack e Frederic lo guardarono imbarazzati.
«Anche tu mi piaci boss» rispose lei, guardandolo dal basso in alto.
«Perché le donne più belle sono tutte lesbiche?» sospirò il regista. «A proposito Jack, me la trovi quella vecchia gallina che hai preso per il collo? Vorrei farle fare la scena del cadavere dopodomani».
«La scena dello stupro? Ma quella…».
«Sì, sì, lo so, quella non la stuprerebbe neanche un gorilla, ma il mio assassino è uno psicopatico feticista».
«Lo sapete che siete tutti dei porci maschilisti?» li apostrofò Ruth, fingendo di essere seria.
Quentin allargò le braccia con aria sconsolata: «Lo so, purtroppo, ma è stata quella gran troia della consulente psicologa a tratteggiare i personaggi! A proposito, sai come si chiama, che non mi ricordo? Ro… Rac…Ru…».
«Fanculo Quentin!».
«Bello trovarsi tra amici, eh? Senza offesa, ovviamente».
«Figurati» disse Ruth, e per un attimo un’ombra le attraversò il viso «io lavoro tutti i giorni con gente che non ti dico: questa per me è una vacanza».
«Hai ragione, fai un lavoro di merda» assentì lui, ritornando serio. «Jack, quella donna…».
«Ah va bene, te la trovo. Sicuramente ripasserà di là per rivedere la scena del crimine».
«Già, già» fece il regista, inseguendo con lo sguardo Margie che si era slacciata metà dei bottoni della camicetta e lo osservava passandosi la lingua sulle labbra.
«Ci vediamo, capo» lo liberò Jack, schiacciando l’occhio.
«A domani ragazzi» rispose Quentin, ammiccando a sua volta, «ottimo lavoro!» e si allontanò in tutta fretta.
«Ottimo lavoro, come no!» bofonchiò Jack attendendo che il regista si fosse allontanato. Poi guardò Ruth, corrugò la fronte e avuta in risposta la stessa smorfia alzò la voce: «Ehi Thelma, si può avere da bere in questo cazzo di locale?».