PALERMO

Un cuore grande.

Ci eravamo alzate di buon’ora, quella mattina, più del solito.
Due gennaio.
Un martedì.
Ci attendeva un’altra lunga giornata di visite, chilometri e chilometri macinati ogni giorno rigorosamente a piedi, scarpe comode e via.
Il programma prevedeva la visita al Palazzo Reale, o dei Normanni, imperdibile sosta alla Cappella Palatina e infine, dopo un’ulteriore lunga camminata, un salto anche alle Catacombe, in periferia.
C’era la fila fuori da Palazzo Reale, anche se erano solo le dieci di mattina, e tutti disciplinatamente in attesa di arrivare alla cassa, acquistare il ticket ed entrare a visitare quel luogo imperdibile per qualsiasi visitatore di passaggio.
Molti stranieri, di lingue e razze diverse, fuori dai cancelli. Giovani famiglie con bambini al seguito, anche molto piccoli, attrezzatissime di qualsiasi oggetto utile al conforto dei pargoli, incredibilmente pacifici e curiosi verso il luogo che si apprestavano a visitare.
E tra quelle antiche mura, in effetti, si respirava un’aria antica, intrisa di Storia e di avventura, e non era difficile, appartandosi un po’, lasciarsi pervadere da atmosfere secolari d’arme e cavalieri, sempre col naso all’insù ad ammirare sorpresi le vetuste mura immaginando i loro antichi e nobili inquilini…
E noi.
Noi che, come centinaia di altre persone, armate di pazienza e soprattutto di sete di scoperta e di conoscenza, ci eravamo infine accodate allo stuolo di visitatori in attesa di entrare.
Dopo esserci beate gli occhi (e l’anima) di cotanta storica bellezza, uscimmo infine un paio d’ore più tardi e ci incamminammo lungo il viale principale che, da lì, ci avrebbe condotte verso il sito delle Catacombe, a qualche chilometro di distanza.
La strada era molto trafficata, così decidemmo di addentrarci all’interno di quel popoloso e caratteristico quartiere periferico percorrendo curiose i suoi vicoli stretti, quelli dove vive la gente del posto, con i balconcini e le logge a ridosso dei muri scrostati e dai quali pendevano panni e bucato stesi ad asciugare al vento, sempre presente a Palermo in questi nostri giorni di visita.
Le strette viuzze mi facevano ricordare le calli veneziane, se non fosse stato per quel clima di meridionalità isolana che si respirava ad ogni angolo, dietro ogni muro, in quello strano silenzio di quell’ora meridiana dedicata al pranzo familiare.
In effetti, anche noi eravamo affamate, dopo tanto peregrinare, e ci rendevamo conto che sarebbe stato molto difficile trovare un locale dove consumare un sia pur semplice pasto in mezzo a quei vicoli di un quartiere abitato esclusivamente da residenti locali.
I morsi della fame si facevano ormai sentire, erano già le due del pomeriggio, e stavamo per decidere di ritornare sulla via principale, quella trafficata di auto, taxi, bus, moto e pedoni, quando dietro un angolo ci siamo imbattute in questo locale, un baretto, che definire trattoria sarebbe persino esagerato.
Dall’esterno, non ispirava particolare fiducia, ma tale era il brontolio dei nostri stomaci affamati, che decidemmo all’istante di entrare sedendoci all’unico tavolino libero di un piccolo locale con soli sei tavoli.
Agli altri tavoli sedevano soltanto degli uomini molto anziani, pensionati probabilmente, forse ex pescatori di mare, che con coppola in testa e forchetta saldamente impugnata con le avvizzite e ruvide mani, si stavano rifocillando da abbondanti piatti di spaghetti al sugo di pesce.
La nostra entrata in quel locale non poteva ovviamente passare inosservata: gli occhi di otto venerandi ottuagenari si fissarono su di noi con curiosità e sorpresa; decisamente non doveva essere situazione frequente quella di incontrare due “giovani” donne straniere, e sole, in un locale come quello…
Beh, lasciatemelo dire: abbiamo mangiato da dio!
Piatti semplici, tipici siciliani, di mare e di terra, abbondanti e squisiti, a dei prezzi ridicoli: 2 euro un contorno (la miglior caponata di melanzane gustata in vita mia!), due euro la saporitissima insalata palermitana con olive e nervetti, 3 euro un piatto di pasta con sugo a scelta, 3-4 euro un secondo di pesce o carne, una pepata di cozze da fine del mondo…
Il tutto innaffiato da un buon semplice vinello servito in ordinari bicchieri da tavola, mentre per l’acqua c’erano quelli di plastica…
Tovaglia cerata a quadretti, tovagliolini di carta monovelo e… tanta tanta simpatia!
I vecchietti seduti accanto al nostro tavolo si diedero subito ad imbastire una gara di premure nei nostri confronti, informandosi sulla nostra provenienza, consigliandoci sui piatti da ordinare, chiacchierando amabilmente raccontando dei loro trascorsi “su al Nord”, chi per breve tempo come muratore, chi come tuttofare alle dipendenze di una qualche azienda, chi invece non s’era mai spostato dalla Sicilia e aveva lavorato una vita per mare….
“Sa, signorina…”,
mi apostrofò uno di loro con un tenerissimo sorriso sdentato,
“qui si mangia bene e si spende poco, vero?
– e così dicendo volgeva lo sguardo verso i compagni di avventura cercando sostegno e approvazione (subitaneamente concessi, ovviamente) – e per noi che siamo ormai vecchi e soli è importante ritrovarci qui a pranzo in compagnia e poter scambiare due chiacchiere… Oggi, poi, siete arrivate qui anche voi due e la giornata ha già preso un altro sapore! Lo bevete, il caffè, signorine? Lo bevete, quando avete finito di pranzare, vero?
Ecco, allora i caffè ve li offro io! È un onore per me!”
E così dicendo, estrasse il portafoglio dalla tasca di una giacca sdrucita e lasciò sul bancone una moneta da due euro. Si alzò, con la mano sinistra si tolse la coppola di testa e con la destra ben tesa verso di noi ci venne incontro per salutarci calorosamente.

Mai caffè fu più buono, in vita mia.
E di tutte queste mie bellissime e interessantissime e piene giornate palermitane trascorse a visitare ammirata luoghi e siti ricchi di arte e di storia, come piace a me, QUESTO è il ricordo che più di tutti resterà incancellabile dentro me: questo!
Questo luogo, questo incontro, questi vecchietti, anziani di età e “signori” nel cuore.

Ecco, questo ho portato e porterò con me, in me, per sempre, dalla Sicilia: questa generosità, questa cordialità, questa ospitalità.
Questo abbraccio ideale di un anziano ottuagenario ex muratore palermitano, che mi ha offerto un caffè salutandomi col cappello in mano.

La vita è bella.
Ma, soprattutto, la Vita è grande.

Gabriella