Ada

È l’ alba, deve alzarsi, ma non ha nessuna voglia di farlo. Chiude gli occhi ancora un attimo, ma la voce stridula della mamma non la lascia dormire. È stanca: vorrebbe crogiolarsi nel letto e pensare al suo piccolo, non lo sente ancora, ma sa che c’è. Sta crescendo dentro di lei: è il suo faro in un mondo buio.

 – Non preoccuparti. La tua mamma veglierà su di te, ti difenderà, tu nascerai e sarai felice a dispetto di tutto e tutti.

Dovrà informare i suoi, ma non è ancora il momento. Come  potrà dire loro che non ci sarà un papà e che questo bambino dovrà crescerlo da sola? Come potrebbe raccontare cosa le è successo?

Il padrone l’aveva chiamata con fare rassicurante:

-Vieni qui, Ada! Aveva chiuso la porta e poi le era saltato addosso.

-Non parlarne con nessuno, altrimenti ti licenzio! Quando esci, chiudi la porta!- e si era girato dall’altra parte.

Le sembra di sentirle ancora addosso quelle mani che la frugavano e le facevano male.

Ma non c’è tempo di pensare, è tardi. Deve aiutare la mamma a preparare la colazione. È scarsa, ma il sapore del caffè mischiato al latte appena munto, con il pane inzuppato, è delizioso. Mangia con gusto, dopo aver servito le sorelle più piccole e il padre, che sarà il primo a uscire da casa per la sua faticosa giornata di lavoro nei campi.

Adesso è arrivato il momento di andare. Lavora alla filanda di Appiano da poco tempo e, se vuole mantenere quel posto, deve arrivare prima di tutte e uscire per ultima. Quel  lavoro è indispensabile per la sopravvivenza sua, della famiglia e del  suo bambino. Indossa il vestito grigio che,  , le segna il corpo ancora acerbo. È bella Ada, con gli occhi verdi scintillanti e con i lunghi capelli rossi che scendono ribelli lungo le spalle e che lei cerca di tenere in ordine con un nastro nero.

-Ciao mamma, io vado!- 

– Sì,  Ada, ci vediamo questa sera, buona giornata!  Esco anch’io tra un po’, oggi devo fare il bucato alla signora Giandana. 

Ada si avvia con il suo fagottino del pranzo: un po’ di polenta e un uovo preso proprio quella mattina dal pollaio; il cammino è lungo, ma la compagnia delle altre donne che man mano si accodano lo rende sopportabile. Cantano:

-Mi voo in filanda perché sont povera:

mi voo in filanda per guadagnà:

mi voo in filanda perché sont giovina.

Perché ghoo vouja da lavorà.

La strada che percorrono è tutta fiorita; grosse margherite bianche la costeggiano; nell’aria si spande il profumo dell’erba bagnata dalla rugiada.

Poi imboccano un sentiero dove enormi gelsi s’innalzano verso il cielo. Tra poco  si colmeranno di more nere e bianche e dappertutto si propagherà il loro dolce profumo. La filanda è un edificio enorme, tutto bianco,  a più piani,  con larghe finestre dalle quali entra tanta luce. Peccato che loro non avranno neanche un minuto per guardare fuori: al lavoro fino alle sette di sera con solo un’ora di pausa, e ritorno a casa col buio.

– Per fortuna è arrivata la primavera e le giornate si allungheranno.- esclama Ada.

– Hai ragione, finalmente torneremo a casa con la luce.

Una ventata nauseabonda le assale appena varcano la soglia dell’edificio; è sempre così appena arrivano, poi il naso si abitua a quei miasmi.

Ada fa l’ingropina; il suo lavoro è difficile, ma lei è brava ad annodare il filo di seta quando avvolgendosi attorno all’aspo, si rompe. Deve  stare attenta e agire in fretta, altrimenti non si riuscirà a completare la matassa. E siccome è molto abile nel suo lavoro, la padrona le fa fare dei servizi, per i quali riceve una ricompensa: un bicchiere di vino e del lesso, gli avanzi del loro pranzo. Anche questo bicchiere di vino finirà nella mia bottiglietta preziosa e a fine settimana la porterò alla mamma insieme ai soldi guadagnati.-  pensa allegra la ragazza.

Nei suoi occhi si può già leggere l’immagine del tempo che verrà, perché è verso il futuro, suo e del figlio che nascerà, che tendono i suoi sforzi.

 

Maria

Poi si rivolge a Maria:- Come sono ridotte le tue mani: rosse e gonfie! Devi fare qualcosa!

La sua amica è una scopinatrice: prende i bozzoli dall’acqua bollente e cerca il capo del filo, soffiandoci sopra, dopodiché li passa a una ragazza più grande che fa la matassa con l’aspo. L’acqua bollente procura grosse conseguenze alla pelle delle sue piccole mani: a  fine giornata sono lessate, diventano giallastre e le vesciche e i bruciori le provocano un tormento insopportabile, non riuscirà ad afferrare nulla, ma è contenta lo stesso: grazie a quel lavoro potrà farsi la dote.

Di costituzione gracile, viso piccolo, occhioni grandi da cerbiatta, caviglie sottili, nel complesso la sua bellezza è discreta come il suo carattere; gli uomini non si girano a guardarla.

Poco importa, lei un amore ce l’ha: Giovanni, e sogna il momento in cui finalmente potrà sposarlo.

Maria ha da tempo programmato il giorno del suo matrimonio fin nei minimi dettagli. La cerimonia sarebbe stata semplice, in Comune, con i parenti più stretti e i testimoni, il ricevimento invece un sobrio rinfresco a casa, e il suo vestito blu, stretto in vita e morbido sui fianchi con un’elegante giacca di pizzo che avrebbe completato il tutto.

Ecco perché Maria spera di poter fare Il Pruvìn : la prova di qualità del filato: dopo un certo numero di prove positive, potrà essere promossa Mistra. Tutte le prove sono effettuate sotto lo sguardo vigile del Direttore e della sistènta. Anna, così si chiama l’Assistente, sorveglia  tutte le fasi del lavoro e fa rapporto al proprietario o al direttore sull’andamento della produzione, segnalando scorrettezze o ritardi.  È  una persona scontrosa, Maria ha cercato in tutti i modi di accaparrarsi le sue simpatie ma non c’è stato nulla da fare.

Ci tiene tanto a quella promozione perché così, riuscirà a tornare a casa prima che Giovanni si trovi un’altra ragazza.

 

Antonia

-Finalmente la pausa pranzo! Ada, vieni, mettiamoci qui.

È la “ Bella Antonia”, così chiamata per i suoi grandi occhi marroni e per i lunghi capelli neri raccolti sul capo

Per risparmiare, Antonia la mattina prende il pane ormai duro, lo bagna nell’acqua di una fontanella per farlo ammorbidire e lo mangia con del companatico: una testa di aringa comprata a un prezzo molto basso, in modo tale che il pane possa prendere il suo aroma. Guarda con invidia Ada che ha la fortuna di poter mangiare le uova che ha cotto poco prima nell’acqua puzzolente, ma bollente, delle bacinelle della filanda.

Durante la settimana, Antonia e le sue compagne prendono in affitto una soffitta nella quale alloggiano e trascorrono la notte. La padrona della soffitta è l’unica persona che, nel caso di malattie o di ferite, presta un po’ di cure alle filandere.

Alla sera partecipano alle feste e ai balli, e così Antonia ha trovato un  fidanzato di origini meridionali e quindi molto geloso. Per un po’ tutto è filato liscio tra loro; si incontravano tutte le sere al fiume  e Antonia lasciava che il ragazzo la baciasse e l’accarezzasse, sotto lo sguardo divertito e compiacente della gente del posto, che pensava che le ragazze della filanda avessero ogni sera un fidanzato diverso.

Col passare  del tempo l’attaccamento di Mario era diventato morboso. Si sentiva sotto controllo e non lo sopportava.

Ha deciso di lasciarlo e glielo vuole dire quella sera quando lo vedrà. Da quando lavora alla filanda, ha capito di essere  in grado di badare a se stessa, perché non è più una bambina. Ha imparato a difendersi da tempo, anche lei è in grado di dire la sua e fa in modo che i suoi diritti vengano rispettati. Per questo è presa di mira dal direttore che appena riesce le fa multe salate, garantendosi il benestare del padrone, ma poco importa alla ragazza.

Tra tutte le operaie Antonia e le sue amiche sono quelle più maltrattate. Le multe e le punizioni corporali sono all’ordine del giorno, e spesso non lo dicono a casa per paura di prenderle anche dai genitori.

Lei vuole continuare a stare alla filanda ad ogni costo: quel lavoro le garantisce una libertà e un’indipendenza che non si sarebbe mai sognata di avere.

Lei è una mistra, crea il filo di seta unendo il capofilo di più bozzoli, il cui numero varia in base al titolo, cioè alla qualità, che deve  possedere il filo. Man mano che il filo si avvolge sull’aspo è necessario impartirgli un numero opportuno di torsioni e verificare che il diametro si mantenga costante. Gli aspi completati vengono riposti in cassette di legno.
Ogni filatrice sorveglia  più aspi contemporaneamente e deve possedere doti di abilità, prontezza di riflessi ed esperienza. A fine giornata i controlli sono molto severi.

E così i giorni passano in attesa della gita della domenica e della paga che riceve ogni quindicina.

E la medesima cosa vale per le altre, c’è chi deve aiutare la famiglia, chi vuole comprarsi un vestito o del cibo migliore, chi vuole una casa …