NEL PAESE SENZA SPECCHI
C’era una volta una regina molto irritabile, la più nevrotica mai esistita nel mondo reale e in quello della fantasia, e terribilmente brutta, seppure, in verità, nessuno l’avesse mai vista in volto dal momento che lei, le rare volte in cui usciva, s’imbacuccava in un mantello il cui cappuccio le nascondeva la faccia, e per rendersi ancora più invisibile, la regina indossava occhiali scuri (questa favola è ambientata in un regno ancora da scoprire, per alcuni versi moderno, per altri, invece, ancora medievale). Affinché nessuno vedesse la sua bruttezza, ma neppure si facesse vanto della propria bellezza, aveva imposto ai suoi sudditi l’obbligo del mantello e degli occhiali scuri, che mai avrebbero dovuto togliere, neppure in casa. Vietati anche gli specchi, per evitare paragoni a suo sfavore. Aveva persino fatto prosciugare l’unico laghetto del regno, meta di gite domenicali per le famiglie e qualche casuale turista, per impedire che vi si specchiassero. E come se non bastasse aveva preteso, in cucina, l’uso di pentole dal fondo brunito e posate in resina, per impedire qualsiasi tentazione di specchiarsi nell’acciaio. Ovviamente bandito l’uso dell’energia elettrica, pena i lavori forzati a vita a scavare miniere nel ventre freddo, eternamente notturno, della montagna.
Avrebbe anche oscurato il sole, se le fosse stato possibile, e costretto tutti a vivere in una impenetrabile notte.
In questo regno, di cui s’ignora nome e ubicazione, (di fatto non appare su Google Maps e neppure menzionato in Wikipedia, quindi per noi, davvero sconosciuto) imperavano oscurità e tristezza, che il mondo filtrato dagli occhiali neri pareva senza contorno e senza colore: un universo notturno, popolato di ombre.
Nessuno era contento di vivere lì, e se solo gli abitanti avessero avuto un posto verso cui emigrare ci sarebbe stato un esodo di massa, e ‘fanculo (ops) la regina e le sue ingiuste leggi.
Anche se, a onor del vero, a quei divieti gli abitanti di quel regno senza nome, (uno però dovrò trovarglielo, almeno per orientarmi in tutta questa penombra) continuamente trasgredivano, come gli innamorati, ad esempio, che romanticamente trascorrevano ore a rimirarsi nel buio fitto, carezzandosi il viso con la punta delle dita e scoprendosi bellissimi anche senza vedersi, e le mamme e i papà portavano nei loro occhi le immagini dei figli, come fotografie da mostrare a parenti ed amici.
Insomma, come si dice qui da noi: fatta la legge trovato l’inganno.
Un inganno per riparare ad una palese ingiustizia, per cui, ne sono certa, nessuno punterà il dito contro i trasgressori.
IL GIOVANE SCULTORE CIECO
Ora accadde che in questo regno vivesse anche un giovane Scultore, cieco alla nascita, ma che nonostante l’handicap creava opere meravigliose che un giorno, di sicuro, lo avrebbero reso famoso.
Lui aveva imparato a vedere attraverso il tatto, ma non lo considerava un privilegio, piuttosto un far di necessità virtù, che ben gli sarebbe invece piaciuto avere il senso della vista. S’era dovuto adeguare, ma trovava inaccettabile che chi avesse la vista dovesse vivere nel suo stesso mondo di tenebra, solo perché così aveva deciso la Regina.
Il giovane Scultore cieco aveva anche un carattere ribelle e apertamente trasgrediva alle leggi ingiuste della Regina. Nel suo laboratorio, ad esempio, le tende erano sempre spalancate, seppure per lui non facesse una grande differenza, ma era sottostare all’imposizione a risultargli intollerabile.
Così s’era convinto a dover essere lui a rimettere a posto le cose per tutti.
– Possono pure condannarmi ai lavori forzati nelle cave della montagna, vorrà dire che avrò materiale di prima mano per le mie opere, ma questa storia deve finire, che quello di godere della luce è un diritto sacrosanto e nessuno può impedirlo. Nemmeno una Regina –
E con spirito battagliero s’incamminò, a viso scoperto e supportato dal suo bastone bianco, alla volta del Castello, ben determinato a ristabilire la giustizia.
LO SCONTRO CON LA REGINA
Il giovane Scultore cieco s’avventurò quindi alla volta del Palazzo Reale, incespicando lungo la strada, che quello era un percorso a lui sconosciuto e non aveva avuto il tempo di memorizzarne il tracciato, affidandosi all’istinto e alla sua buona stella, sperando di giungere incolume per chiedere udienza alla Regina, quando ad un bivio venne travolto da qualcuno che sopraggiungeva di corsa dalla pare opposta. Nello scontro, entrambi ruzzolarono a terra.
Il giovane, rialzatosi per primo, si preoccupò di prestar soccorso al suo investitore, che però in malo modo lo respinse, facendolo di nuovo cadere a terra.
– Certo le buone maniere vi sono sconosciute. –
Ironizzò lo scultore.
– Non osare toccarmi! –
Intimò una voce aggressiva di donna.
– Una donna: avevo ben captato la fragranza di un profumo. –
Ribadì lo Scultore con un sorriso galante.
– Togliti quel sorriso imbecille dalla faccia e preparati a passare il resto dei tuoi giorni in galera. –
Sibilò, quella, stizzita.
– Perché? Cadere non è reato e, se lo fosse, sareste voi, cara signora, a dover scontare la pena, dal momento che mi siete arrivata addosso come una valanga facendomi perdere l’equilibrio. –
Per niente intimorito, lo Scultore, sorrise di quella rabbia senza senso.
– A nessuno è permesso farsi beffe della Regina e tu hai passato ogni limite col tuo atteggiamento irrispettoso, e per di più impunemente trasgredendo alla regola che impone, nelle uscite pubbliche, l’obbligo del mantello e degli occhiali neri. –
Nel frattempo lei si era rimessa in piedi sovrastandolo in tutta la sua regale altezza (in realtà la sua era una statura media, seppure con la corona e le scarpe coi tacchi sembrasse più alta, ma non quel giorno che, uscendo a fare jogging, indossava scarpe da corsa e un cappellino con la visiera.)
– Gli occhiali da sole ad un cieco non servono, e in quanto al mantello fa troppo caldo per indossarlo. E comunque è proprio al Castello che ero diretto per discutere con voi di questa legge assurda che vieta specchi e suppellettili in cui ci possa riflettere, solo perché madre natura non è stata generosa e vi ha fatto brutta, o almeno così si vocifera. E se girano queste voci, signora, la colpa è solo vostra che pure le alimentate promulgando questi bizzarri editti. –
Lo Scultore, che non aveva peli sulla lingua, colse al volo quella magnifica opportunità per dire alla Regina come stavano le cose e quello che di lei si mormorava.
– La gente pensa che non solo dovete essere brutta ma anche matta. Brutta, però, non lo siete affatto, ed io posso testimoniarlo –
– La testimonianza di un cieco! E poi la matta sarei io?-
Lo irrise beffarda..
– Statura media, capelli mossi, scuri (se fossero stati biondi avreste avuto un carattere più dolce, rossi, invece, sareste stata un po’ più equilibrata) carnagione chiarissima, lentiggini e qualche neo, possibilità di ustioni solari (il mantello serve a proteggervi), occhi grandi, di colore violetto o azzurro o verde (non posso essere più preciso, la visiera del vostro cappellino me lo impedisce). Soffrite d’insonnia e di notte leggete romanzi d’amore su cui versate molte lacrime: l’ho percepito dalle palpebre pesanti e dalle ciglia umide. Le mani non sono troppo curate, odorano di terra e di erba, perché fate giardinaggio, è profumo di fiori quello che che ho sentito quando mi siete ruzzolata addosso. Siete una sportiva perché non vi siete lamentata della caduta né di esservi fatta male. Non siete arrabbiata con me per il capitombolo ma per le mie giuste accuse. –
LA REAZIONE DELLA REGINA
La Regina era rimasta senza parole. Per la prima volta in vita sua non trovava di che ribattere. Avrebbe potuto, in virtù del suo potere, con un’accusa qualsiasi mettere in prigione quello sfrontato, ma la meraviglia di quella sua descrizione così perfetta, l’aveva destabilizzata. Che lo Scultore fosse davvero cieco non aveva dubbi, non solo per via del bastone bianco ma perché le pupille erano opache,velate da una patina, si muovevano in maniera involontaria.
– Vi state chiedendo come posso io, un cieco, aver fatto di voi un ritratto così preciso, dal momento che a nessuno mai è stato concesso il privilegio di guardarvi in viso. Non è poi così difficile, oltre la vista abbiamo altri quattro sensi che suppliscono al mancante. Essere nati ciechi è tremendo, ma ancor più tremendo, però, è rendere cieco il proprio popolo solo per una vanità personale. L’essere belli o brutti dipende da tanti fattori, come il nascere con il dono della vista o meno, ma in nessun caso si può costringere gli altri a vivere il nostro stesso destino. Io vedo, nonostante la cecità, il sole e le nubi, la luna e le stelle, le rondini e le formiche, il volto di mia madre e quello dei miei amici, e li traduco in sculture. Voi, invece, vi negate questa gioia negandola a tutti gli altri. Mi verrebbe da dire che siete malvagia, che è peggio di esser brutta, ma di notte leggete romanzi d’amore e piangete: quello che a voi manca non è la bellezza ma un sogno in cui credere –
A queste parole lacrime sgorgarono dagli occhi della Regina, e pure lo Scultore se ne avvide e con la punta delle dita ne asciugò una, sfiorandole la guancia con una carezza.
– Non piangete, non è mai troppo tardi per credere a un sogno o un inventarsene uno. I sogni originano con la luce della luna e vivificano in quella del sole: restituite la luce al vostro popolo, e con quella la possibilità di sognare, e troverete anche voi, ne sono certo, il vostro sogno. –
Piangeva la Regina senza più vergogna di mostrare le proprie lacrime, poi prese la mano del giovane guidando le sue dita sulle piccole cicatrici rugose che le frastagliavano metà del viso
– Questo particolare deve esserti sfuggito. –
Aveva detto in tono amaro, scostandosi bruscamente da lui.
– Non mi è sfuggito, ma non è la cosa che maggiormente mi ha colpito di voi. E il rilevarlo vi avrebbe fatto male, per questo l’ho taciuto. Siete bella, Maestà, solo che voi non lo vedete. Date la possibilità a tutti di amarvi come io già vi amo e spariranno anche quelle cicatrici: non le vedranno gli altri e nemmeno più voi –
A dimostrare la sincerità delle sue parole, baciò quelle sue cicatrici, una ad una, con infinita dolcezza.
CITY OF LIGHT
Specchi di tutte le dimensioni e forme, e in gran profusione, arredano ora le case di questo Regno a cui io, giunta all’ultimo capitolo, non ho ancora dato un nome, ma che ora ho l’obbligo di farlo affinché Wikipedia e Google Maps possano posizionarlo sulle loro mappe, caso mai qualcuno volesse farci una capatina e sincerarsi della verità del mio racconto, e così ho pensato a “City of Light”, che forse non è il nome più originale del mondo ma di sicuro il più appropriato. Avrei potuto chiamarla anche “City of Love” perché la gente che qui vive è incredibilmente felice; oppure “City of Mirrors” che questa è diventata l’attività principale del regno; oppure “City of the Queen”, in onore della donna che con saggezza governa e che il suo popolo appassionatamente ama, anche se nessuno potrà mai eguagliare l’amore del RE, che non ha mai voluto, però, indossare la corona, trovandola antiquata e non in linea coi tempi, soprattutto, non in linea col suo pensiero. E chissà che la forza del suo amore, e le sue indubbie capacità di convincimento, non inducano la Regina a promulgare un referendum per far decidere al suo popolo se tramutare la Monarchia in Repubblica.
Una magia non troppo difficile da realizzare per il giovane artista che ha saputo regalare un sogno ad una Regina
…perché quel Re senza corona è proprio lui, lo Scultore cieco.