L’harmattan, il vento di fuliggine che spira dal Sahara, si è levato provvidenziale ad oscurare il giorno ed occultare ogni traccia di Orsola in fuga dal frustino di Garras, e da un destino programmato.
Avvolta nello scialle di Persia di Madame Malia corre senza mai voltarsi indietro, mettendo attenzione a schivare gli inciampi che potrebbero fermare quella sua corsa forsennata che terminerà solo quando l’harmattan smetterà di soffiare e diraderà la nebbia fitta delle sue polveri.
A distanza di anni ritroviamo Orsola, ormai donna emancipata, nel bordello di Mme Nguyen, sulla cui porta azzurra campeggia una scritta amanuense che la designa come La Piccola Università’ Del Piacere, il bordello più famoso de la Guyane, situato nel villaggio di Paradise, avamposto colonico nell’entroterra di Cayenne, a pochi chilometri a nord dall’Isola del Diavolo.
Sul confine di quella sottile striscia di terra che separa il Paradiso dall’Inferno.
Attira, La Piccola Università Del Piacere, diretta da Mme Nguyen, clienti di ogni risma, uomini e donne provenienti dai luoghi più disparati, tutti danarosi e ben disposti a spendere, allettati dalla prospettiva della condivisione del sapere femminino applicato alla ricerca ed alla sperimentazione nelle materie del sesso, perchè “Les Filles de Mme Nguyen” sono tutte esperte e nessuna novizia: è la prerogativa della casa.
Più la ragazza è esperta più costa la sua compagnia.
Bandite le vergini, si accettano solo professioniste con curriculum sostanziosi di esperienze.
Qui si viene solo per imparare.
Questo redarguisce il motto della casa.
E questo è il segreto della fortuna di Tante Aisha, (così le ragazze chiamano Mme Nguyen) una mulatta matronale, di provenienza incerta, caparbiamente scampata ad una febbre corrosiva che l’ha lasciata butterata nella pelle e cieca ad un occhio, ma incredibilmente lucida di mente
Orsola, fornita dell’ esperienza necessaria maturata in virtù dei suoi trascorsi in seno al Grande Circo Planetario, ha modo ulteriore di affinare e raffinare le sue arti all’interno dell’Università del Piacere, dove vi prestano meritoria opera, femminili eccellenze di ogni nazionalità, come la giapponese Himako, in fuga da un destino passivo di geisha che insegna gli antichi segreti dell’estasi prolungata, o la francese Alizèe, che ha abdicato allo stemma nobiliare e alle catene di un matrimonio imposto, per realizzarsi come autorità indiscussa nel campo dell’erotismo saffico, o la dominicana Priscila che reca sul corpo la terribile geografia delle cicatrici e dei soprusi subiti, per proporsi come la massima esperta nel gioco del frustino e del bavaglio.
Queste donne, come tutte quelle che animano la Piccola Università del Piacere, trovano qui le motivazioni di un riscatto, non certo quelle di una vendetta.
Tante Aisha le tratta tutte con lo stesso affetto parsimonioso, e con doveroso riguardo alla salute ed ai sentimenti di ognuna.
Nessuna ai suoi occhi è migliore della altre.
Tutte indispensabili e tutte degne di merito.
E libere di andarsene, con una generosa buonuscita, quando decidono che sia giunto il momento.
E’ notte fonda quando Orsola sgattaiola furtiva dal portone azzurro della casa di Mme Nguyen per inoltrarsi nel labirinto inestricabile di alberi e cespugli della boscaglia, solo parzialmente esplorata, che costeggia la carretera che si diparte da Paradise per biforcarsi a nord verso l’Isola del Diavolo e a sud verso Kourou.
Ed e’ a sud che Orsola si dirige.
Inciampa e si rialza, lungo il tragitto, cercando di schivare i tranelli del buio ed orizzontandosi con la memoria visiva, nell’infinita, monotona distesa di alberi tutti uguali, quando, dalla profondità della notte, braccia invisibili l’afferrano, sollevandola, in un abbraccio violento a cui lei non oppone alcuna resistenza.
Guinèe. Mormora Orsola stesa sul letto di terra, coperta dal buio e dal corpo affamato che la sovrasta.
Guinèe. E la sua è una invocazione di resa totale all’uomo che reca quel nome e di cui altro non sa.
E non le importa sapere.
Forse un giorno anche lui ha posseduto un nome certificato, ma non sarà lei, che un cognome non l’ha mai avuto, a giudicarlo partendo da questo.
Non starò a menarla lunga su come si sono conosciuti perchè non è questo il punto, taglierebbe corto Madame Malia, non è l’ incontro determinante ai fini della storia ma, piuttosto, l’addio.
E’ sempre la fine che stabilisce l’inizio, mai viceversa, anche se noi siamo portati a credere l’inverso.
V’ingarbuglierebbe, Madame Malia, con questi ragionamenti astrusi a cui lei stessa è propensa a credere, raccontandovi questa storia con un incipit diverso da come l’ho iniziato io nel primo capitolo, perché per lei, invece, la storia di Orsola inizia da quella sera in cui ha spaccato sulla testa di Doc Garras la sua pesante sfera di cristallo per difendere la sua protetta dall’onta del frustino, regalandole l’affrancamento dalla schiavitù di ancella del sesso, a cui lei, per prima, l’ha sottomessa.
Particolare non secondario, ma che Madame Malia, da esperta imbonitrice, ometterà.
Il trauma cranico ha cancellato in Doc Garras la memoria ed il peccato, Orsola è finalmente libera, e lei è conclamata, a furor di popolo, benefattrice: la quadratura del cerchio!
La fine del capitolo secondo è l’inizio del capitolo terzo, così come il capitolo primo (che partiva dalla fine non ancora scritta del quarto) lo è stato per il secondo, ed il terzo lo sarà del quarto.
Questo è l’assioma incontrovertibile, e dimostrativo, dell’assennatezza di Madame Malia quando proclama che è sempre la fine a decretare l’inizio.
E a questo noi, d’ora in poi, scrupolosamente ci atterremo.
Lei ha solo un nome e lui un soprannome ( non dubita, Orsola, che “Guinèe” questo altro non sia), una maschera dietro cui nascondersi perché la verità non trapeli e non venga acclarata l’identità vera di un sovversivo francese, rocambolescamente evaso dall’inferno delle prigioni dell’Isola del Diavolo e provvisorio abitante della foresta di ceibe e di ebani che costeggia la città di Kourou, in attesa di un imbarco promesso verso il Venezuela.
L’ipotesi di un destino condiviso non è neppure da considerarsi, che nella fuga di lui, Orsola, sarebbe solo zavorra troppo visibile con quella sua rigogliosa esuberanza di seni e di glutei e di chiome.
E’ nel destino di Guinèe la solitudine così come in quello di Orsola è l’accettazione.
Orsola Guineè… suona bene. Ha detto lui.
Sì, suona bene. Ha risposto lei.
Gli addii, talvolta, non paiono neppure tali.