IL FIORE DEL MIO GIARDINO
Erano l’intonaco color mandarino e la porta verde mela, ancor prima dell’insegna, un chiassoso tazebau con la scritta in italiano “Il fiore del mio giardino” a lettere irregolari e colori psichedelici, a reclamizzare l’attività di fiorista di Veronica Sorrentino, vedova Thompson, in quel di Browing Street, nella cittadina di New Eden, nello Stato del Maryland.
Un negozio storico, questo, rilevato nel corso del tempo da un numero imprecisato di gestori costretti ad abbandonare l’impresa per via degli affari poco fiorenti e della guerra in corso tra il proprietario del negozio di abiti da sposa e articoli da cerimonia, Max Garfield, ubicato alla sua sinistra, e quello del sexy shop, William Perez, alla sua destra.
Il negozio di Veronica Sorrentino, strettamente incassato fra i due, sarebbe risultato invisibile ai passanti se non ci fosse stato il richiamo dei colori al neon dell’insegna, e quello dell’intonaco che lo evidenziava con la sua tonalità luminosa di ocra incandescente, sull’anonimo sfondo color sabbia del muro.
Una strategia, questa della tinta di un tono diverso, ideata da Veronica per uscire dal cono d’ombra dove s’era ritrovata relegata dopo aver comprato quel negozio in stato di perenne fallimento, che il proprietario per un’antipatia personale verso Garfield, che pur di rilevarlo aveva offerto una cifra ragguardevole, aveva preferito svenderlo a lei ad un prezzo irrisorio.
Dunque, il negozio di fiori progettato da Veronica in un eccentrico stile vintage/italiano, (anche se lei dell’Italia, della città di Napoli dov’era nata, non conservava alcun ricordo perché dopo pochi mesi dalla sua venuta al mondo i suoi s’erano trasferiti a New Eden per ricongiungersi con quella parte di parentado che già qui s’era stabilita, e così se n’era costruito uno suo sulla romantica immagine di una cartolina d’epoca, che mostrava l’affaccio di un balconcino fiorito sullo sfondo di un paesaggio marino, e la mamma che la schermava dal sole con un cappellino di paglia), aveva costituito il naturale divisorio tra il diavolo e l’acqua santa, metafora forse scontata, ma calzante, per designare le due attività rivali allocate ai suoi fianchi: il sexy shop di Perez e il negozio di abiti da sposa di Garfield.
A onor del vero c’è da dire che la fiorista s’era a lungo spesa nella vana opera di pacificazione tra i due, ma fallendo nel suo intento era riuscita, però, a coalizzare i due rivali contro di lei, rea di aver acquisito la proprietà del negozio, di averlo reso visibile e con una clientela in continuo aumento, ma soprattutto di essersi fatta beffe di quella loro ridicola guerra basata essenzialmente sullo sbandieramento della reciproca delegittimazione.
LE RAGIONI DELL’UNO. LE RAGIONI DELL’ ALTRO
Veronica: «Signor Garfield, vorrei capire la causa di così tanto malanimo nei confronti di Perez.»
Garfield: « Cosa c’è di così difficile da capire, la sua attività è controproducente alla mia. Basta guardare gli articoli esposti nella sua vetrina: un insulto alla morale. Un oltraggio alle persone perbene ed al mio onesto commercio, che operando nel settore del matrimonio fa diretto riferimento ai valori di nostro Signore.»
Veronica: «Perez ha una regolare licenza, e gli articoli in vendita non sono illeciti. Inusuali, ma non illeciti. Ha diritto quanto lei di esercitare il suo commercio. Non ci vedo alcun dolo nei suoi confronti.»
Garfield: « E l’immagine? Parliamo dell’immagine…certo lei non sa neppure cosa sia, con quel suo negozio pacchiano.
Veronica: «Non esageri ora, se il mio stile non è conforme ai suoi gusti non posso farci niente, siamo in un paese libero.»
Garfield: «Libero di permettere tutto e il suo contrario: esattamente come accade in questo angolo di strada.»
Veronica: «Perez, cosa la disturba dell’attività di Garfield?»
Perez: «Della sua attività niente, anzi gli auguro che prolifichi a dismisura e acquisti sempre più clienti, perché quelli dopo esser passati da lui vengono a comprare da me. La sua attività non mi disturba affatto, è la sua arroganza che mi disturba. E’ un vero stronzo.»
VERONICA SORRENTINO VEDOVA THOMPSON
Tra i due antagonisti le simpatie di Veronica andavano a William Perez, perché in lui ancora percepiva una genuinità autentica e un po’ infantile che addolciva il suo gergo da pirata e l’aspetto
da mangia fuoco, con qualche chilo e qualche tatuaggio di troppo, e un sigaro puzzolente incollato alla bocca.
Anche se non era il suo tipo, Veronica se ne sentiva diabolicamente attratta, forse perché Perez era l’esatto contrario del suo defunto marito: ligio alle regole, attento e scrupoloso, ordinato nell’anima e nei sensi, che far sesso con lui era come andare a un battesimo, con l’anima ripulita dal peccato.
Un uomo probo, Danny Thompson, che lei non s’era sentita di sporcarlo con i suoi audaci desideri sessuali. Quelle sue sfrontate fantasie di cui il solo racconto lo avrebbe fatto arrossire.
A dire il vero un qualche blando tentativo, per capire fin dove su quel terreno potesse osare, lo aveva fatto, ma lui fingendo di non avvedersene aveva, con tatto, respinto l’invito a mordere la mela del peccato che lei, con mano tremante. gli aveva porto.
Veronica sapeva che lui l’amava profondamente e teneramente, con discrezione e ammirazione, e seppure a letto non s’era rivelato un’amante appassionato, era stato un compagno gentile ed affidabile, e così quando un infarto se lo era prematuramente portato via (una beffa, quella morte, perché morigerato com’era non aveva coltivato in vita alcuno vizio) aveva vestito il lutto per un anno, seppure la modernità non lo annoverasse più tra gli obblighi vedovili, se lo era imposto, immaginando che a lui avrebbe fatto piacere quel tributo alla sua memoria.